La parola

Posso dire qual è la mia concezione della parola in ambito poetico.
Intanto essa è espressione, ma non verbalizzazione concettuale.
Ovviamente questo non significa che l’artista non abbia concetti, che sia persona incapace di astrarre, ma quello che esprime è l’intellezione, il primo stadio dell’osservazione attiva, l’interrogazione sul percepito. Questa prima fase di ricerca è presente in tutti ed è per questo che l’artista ha in tutti almeno una qualche risonanza: egli si accorda allo stupore primitivo dal quale l’uomo comincia la ricerca.
L’artista cerca qualcosa che ancora non è stato espresso, torna alla domanda iniziale che non gli sembra esplicitata esaurientemente.
L’artista cerca di portare alla luce nuove domande o, almeno, nuove ottiche per le antiche domande e la risposta che arriverà sarà il fulgore di un colore, l’irregolarità del tratto, i silenzi della musica e, per tornare al mio, la parola che, posta inaspettatamente in un costrutto, quando non è addirittura un neologismo, apre lo spazio alla nuova interpretazione, tralasciando la spiegazione, la concettualizzazione: lo scrittore, ma molto di più il poeta, fa un balzo nel futuro, evidenzia la crisi delle concezioni a lui contemporanee e scavalca il filosofo nelle soluzioni, per quanto temporanee esse poi rimangano, ma la meraviglia sta nel fatto che queste parole trovano risonanza in persone di diversa estrazione culturale e vengono comprese, amplificate , arricchite, perché portano alla luce ciò che è latente.
Questo non significa che il poeta ha concettualizzato prima e cerca l’espressione poi; no: questo significa che il poeta non ha paura di tornare alla prima fase della ricerca, quella che è l’intellezione dei singoli fatti che sono concreti, ma appaiono scoordinati e in questo primitivo “caos” porterà comunque il suo bagaglio culturale, ma, se vuole una nuova verità, o una verità più soddisfacente, dovrà disfarsi dei suoi schemi conoscitivi. Tutto quello che di organico un poeta può permettersi è soltanto una qualche forma di narrazione. Ed ecco che la parola poetica può divenire al contempo semplicissima e incomprensibile.
Certamente questa mia concezione è, per così dire, storicamente determinata, appartiene a questo periodo in cui tutto appare incerto e pare necessario rifondare una concezione della vita che rimetta in cammino le coscienze e dia un senso al vivere.
Il mio sospetto personale è che le risposte siano sempre le stesse, ma esse debbono comprendere in sé tutte le esperienze, anche cultural/concettuali, accumulatesi nei millenni.
E sarebbe un terribile e, al contempo, risibile, atto di superbia per un poeta porre sé stesso come porta aperta sul futuro, se non fosse che, appunto, è sempre in cerca e, se raggiunge la parola significativa e desiderata, non si accorge di averlo fatto.
Se invece si, da quel momento non sarà più poeta.
Per quel che riguarda il mio scrivere, esso è privo di ricerca letteraria, nel senso che non mi rifaccio volutamente ad altri e nel senso che non ho mai forzato la forma per ottenere uno stile omogeneo o armonico a tutti i costi: là dove l’espressione è spezzata o incongrua lì la tensione emotiva si è spezzata, anche lì coincidevano sentire, pensiero e parola, lì anche l’intellezione era incerta e così andava detta.